Successione ex lege nei contratti d’azienda e patto contrario – l’importanza di clausole redatte in modo chiaro

Successione ex lege nei contratti d’azienda e patto contrario – l’importanza di clausole redatte in modo chiaro
Con provvedimento n. 192 del 5 gennaio scorso, la Cassazione ha avuto modo di ribadire la rilevanza del patto contrario, in relazione alla successione nei contratti, ex art. 2558 cod. civ., da parte dell’acquirente di azienda.
Tip pratico

Da quanto andremo a leggere traiamo un suggerimento pratico: attenzione alla massima chiarezza redazionale dei contratti, dei draft di atti prodromici e dei Contratti di Cessione di Azienda.

Partiamo dal fondo

Come noto, l’art. 2558, rubricato “Successione nei contratti”, statuisce al primo comma: “Se non pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”.

Si legge sul provvedimento in esame: "La regola della cessione ‘ex lege’ dei contratti di azienda che non abbiano carattere personale, di cui all'art. 2558 c.c., vige solo se non è pattuito diversamente, come prevede l'esordio di tale disposizione; e tale diverso accordo è ravvisabile in ipotesi di cessione di azienda da parte dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai sensi del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, artt. 62 e 63, allorché - secondo l'insindacabile accertamento del giudice del merito, nel rispetto degli artt. 1362 c.c. e segg. - risulti che la volontà delle parti sia stata limitata alla cessione del compendio aziendale, nella consistenza risultante nel corso del procedimento previsto dalle norme menzionate, senza rilievo dei contratti successivamente conclusi".

Il caso in esame

Pacificamente ammesso il patto contrario, la controversia in esame ha riguardato il ricorso in Cassazione proposto da una Ltd. con sede in Hong Kong (il provvedimento in esame non fa menzione della sede, ma la si può dedurre dal fatto che la procura speciale notarile sia stata rilasciata avanti a Notaio di Hong Kong - vi sono interessanti considerazioni anche sull’Apostille, che ci riserviamo affrontare in futura newsletter…) in relazione alle domande risarcitorie (rigettate sia in primo sia in secondo grado) inerenti un contratto di licenza, stipulato prima dell’atto di cessione di azienda, ma dopo l’avvenuto esperimento delle procedure prodromiche che, a giudizio delle Corti territoriali, avevano individuato il perimetro del compendio ceduto, delimitandolo nella consistenza in essere al momento dell’individuazione, con esclusione dei contratti stipulati successivamente.

In tal senso, sia il Giudice di prime cure sia la Corte d’Appello di Milano, hanno ritenuto che l’oggetto della cessione fosse da ritenersi individuato nel “Compendio Aziendale F”, nella consistenza risultante al momento dell’individuazione dello stesso: i Giudici di merito, in prime e seconde cure, avevano infatti ritenuto che, sulla base degli atti prodromici (di natura pubblicistica, ma questo non rileva ai fini dell’interpretazione della volontà espressa dalle parti, quali il programma di cessione redatto dai commissari straordinari, l'autorizzazione del MISE, il disciplinare ex D.M. 26 aprile 2010, l'offerta vincolante, etc.) rispetto al contratto di cessione di azienda le parti avessero voluto ricomprendere nella cessione (con valutazione di merito effettuata nel rispetto dei criteri ermeneutici ex art. 1362 ss. cod. civ. insindacabile in sede di legittimità) solo l'oggetto in tal modo individuato, senza rilievo dei contratti successivamente conclusi (qui il malinteso nasceva dal fatto che il contratto di licenza de quo venne stipulato dopo l’esaurimento degli atti prodromici tesi ad individuare il complesso aziendale in via di cessione, ma prima dell’atto di cessione stesso).

In altre parole, secondo i Giudici di merito, con valutazione sorretta dai criteri di ermeneutica o interpretazione del contratto ex art. 1362 ss. cod. civ, hanno ritenuto che l’accordo di licenza non rientrasse nell’oggetto del contratto di cessione d’azienda, il quale sulla base di  tutti gli atti prodromici più sopra citati, riguardava lo specifico complesso aziendale individuato nel quale non poteva considerarsi ricompreso il contratto di licenza stipulato successivamente all’avvenuta individuazione del complesso aziendale stesso.

In altre parole, è stata ritenuta integrata la fattispecie del patto contrario previsto dal primo comma dell’art. 2558 del codice civile, ai sensi del quale, appunto, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa (che non abbiano carattere personale) salvo patto contrario. Secondo i giudici di legittimità, i Giudici di merito hanno motivatamente valutato come ravvisabile tale patto contrario, nell’ipotesi in esame, di cessione di azienda da parte dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, allorché “risulti che la volontà delle parti sia stata limitata alla cessione del compendio aziendale nella consistenza risultante nel corso del procedimento previsto dalle norme menzionate [D.lgs. n. 270/1999, artt. 62 e 63], senza rilievo dei contratti successivamente conclusi”. Alla luce di tali considerazioni la Cassazione ha pertanto rigettato il ricorso.

Nella redazione dei contratti, in pratica

I redattori di contratti commerciali, che abbiano avuto modo in carriera di macinare almeno qualche anno di contenzioso, sanno perfettamente da quali misunderstanding redazionali possano scaturire le controversie.

Ciò va tenuto bene a mente nella redazione di contratti (e relative clausole) il più possibile chiari, che prevedano – gestendole a priori – le ipotesi rilevanti, a tutto beneficio del business.

Nella maggior parte dei casi, il ‘non detto’ nei contratti non paga.

Avv. Andrea Grasso, Avv. Edoardo Pollara Tinaglia e Dott.ssa Evita Zaccaria

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